Il Covid-19 ha cambiato le abitudini lavorative di professionisti e impiegati che si sono ritrovati a trasformare un angolo della loro casa in un ufficio efficiente. Lo smart working, almeno per il momento, è la soluzione per portare avanti i propri progetti, non fermare l’economia e ottimizzare le giornate trascorse, per via delle restrizioni, lontane dall’ufficio.
Con le giornate che si accorciano, il buio che incombe e la stagione fredda che avanza però trovare la concentrazione e l’equilibrio psicofisico tra le mura domestiche non è affatto semplice. Anzi, è una sfida quotidiana. Ecco come sopravvivere, incrociando esigenze personali, scadenze lavorative, vita privata, hobby, spazi casalinghi ristretti. In una parola, come non perdere di vista il work-life balance anche lavorando in remoto.
In una ricerca italiana del 2017 dal titolo Smart Working e Fattori Psico-Sociali si parlava già del potere benefico del lavoro da remoto, che, secondo alcuni sondaggi, i lavoratori apprezzavano soprattutto per la flessibilità e la possibilità di bilanciare meglio la vita privata con quella professionale. Questo, ovviamente, prima del Covid-19. Da quando milioni di lavoratori hanno trasformato tavoli della cucina e salotti in angoli-studio, le cose sono decisamente cambiate.
Da un lato il burnout – ovvero quella sindrome che porta a non riuscire a gestire più lo stress lavorativo, con ovvie conseguenze anche a casa – spinge anche con il lavoro cosiddetto “agile”. Se si lavora troppo e si è sotto pressione, purtroppo, il benessere non ne esce vittorioso. E poi, soprattutto i lavoratori con bambini, hanno dovuto tenere in equilibrio le loro esigenze, cercando di chiudere i progetti della giornata insieme alla didattica online dei figli. Quando è possibile farlo in condizioni adeguate però, il lavoro da remoto aiuta davvero a ottimizzare al massimo l’approccio al lavoro. E qui ci sono i sei consigli da scrivere su un post-it e attaccare alla scrivania. Per ricordare sempre le buone abitudini che vi aiuteranno a sopravvivere in questo periodo di intenso smart working, per di più abbinato alla stagione invernale.
Uno dei fondamenti della psicologia del lavoro punta sul bisogno di creare spazi, anche piccoli, solo ed esclusivamente dedicati al lavoro. Questo permette di mettere dei confini tra la vita privata e quella lavorativa in versione domestica, soprattutto se si lavora in una casa con altri lavoratori agili.
In più distinguere i ritmi di lavoro delle persone che lavorano nella stessa casa in smart working aiuta a ottimizzare il lavoro di tutti: una persona che vive perennemente al telefono non potrà trascorrere l’intera giornata con un lavoratore che produce nel silenzio più assoluto, no?
Il mito del lavoratore che non si muove da casa e produce dal suo salotto lo vuole perennemente in pigiama, con un caffè in mano, magari con un computer sulle gambe seduto in poltrona. Niente di più sbagliato: soprattutto perché, a lungo termine, questa abitudine può diventare deleteria per la salute!
Prendersi cura di sé, vestirsi ogni mattina (magari non con abiti ufficiali, ma con una mise comoda e funzionale), prepararsi e sedersi davanti al pc aiuta a entrare nell’ottica che, no, non si sta andando al lavoro fisicamente ma a tutti gli effetti la giornata lavorativa è cominciata.
No, lavorare tutto il giorno sul tavolo del salotto non è una buona idea. Se non si può fare altrimenti è un conto, ma se gli spazi lo consentono personalizzare un tavolo aiuta a riconoscere quello spazio come ufficio, come ambiente di lavoro. Anche se, a tutti gli effetti, non lo è.
Le luci giuste e una seduta ergonomica inoltre, aiutano la salute a non cedere sotto il peso del lavoro.
I momenti di stacco non servono solo in ufficio. Anche a casa alle 11 vi meritate un caffè! La percezione dello smart working, anche per chi lo pratica in pianta stabile ormai da mesi, spesso fa minimizzare l’impegno quotidiano su progetti e task da portare a termine. Come se, non chiudendole in ufficio, non avessero lo stesso valore. E così la stanchezza che si prova a lavorare: non è affatto più leggera se si lavora da casa.
Per questo una pausa è importante, due pause nelle 8 e più ore di lavoro agile sono sacrosante. Se vivete da soli sono un ottimo modo per staccare; se lo smart working è in coppia diventano un punto di incontro quotidiano nella frenesia degli impegni. Prendersi delle pause inoltre aiuta proprio a evitare il burnout, oltre che ad alimentare creatività e produttività.
Una buona abitudine da rubare ai report sullo smart working pre-Covid? Quando non c’era la pandemia, i lavoratori agili affermavano che uno dei benefici di questa modalità di lavoro era il fatto di non doversi spostare da casa, abbattendo i tempi di spostamento sui mezzi o nel traffico. Questo benefit non è affatto sparito, anzi!
Alzarsi alle 8 del mattino e occupare 30 minuti al giorno per l’attività fisica (in base alle restrizioni vigenti nei pressi del proprio domicilio, nei cortili comuni o nel salotto di casa è comunque fattibile) non toglierà nulla al lavoro in sé, ma regalerà tanto in termini di serenità.
Ridimensionare la pausa o addirittura saltare il pranzo è un’altra di quelle abitudini che non vanno d’accordo con il benessere del lavoratore in smart working.